Difficile dire se sia lo sport che imita la vita, o viceversa. Fatto sta che in entrambi i casi ci sono emozioni capaci di farti toccare il cielo con un dito e altre che invece riescono a scaraventarti a terra e a darti la sensazione di non essere più in grado di rialzarti. La sensazione, appunto. Comprensibile, ovvia, eppure sensazione e, in quanto tale, passeggera. Per informazioni chiedere a Luca Bittarello, fino a ieri capitano dell’Iren Genova Quinto e allenatore delle giovanili e oggi tecnico al suo esordio su una panchina di una prima squadra, e che prima squadra: quella che nella stagione 2022/2023 rappresenterà Genova in serie A1 per il quinto anno consecutivo.
Era il 25 maggio scorso, Iren Genova Quinto-Salerno 11-9, settimo posto in serie A1 conquistato. La fine o l’inizio di un percorso?
“Entrambe le cose, direi. La fine della mia carriera da giocatore, ricca di emozioni, in gran parte vissute proprio a Quinto. Porto nel cuore le due promozioni in serie A1, alcune vittorie di prestigio, il settimo posto, il miglior piazzamento della nostra storia sinora, i festeggiamenti per il centenario. Ma anche la retrocessione dall’A1 all’A2, che ci ha insegnato tanto, tantissimo: se adesso siamo una realtà consolidata nel massimo campionato, lo dobbiamo anche a quella stagione. E quel giorno è stato anche l’inizio di un qualcosa di nuovo”.
Ovvero la carriera da allenatore di una prima squadra…
“Non lo nascondo, allenare l’Iren Quinto in serie A1 era un mio sogno. Non avrei pensato sarebbe successo così in fretta, ma nella vita a volte certe cose capitano proprio in questo modo. Ho maturato una certa esperienza con le giovanili che credo mi sarà utile, ho avuto diversi buoni maestri. Il primo che mi viene in mente è chiaramente Marco Paganuzzi, ben più di un ‘semplice’ allenatore. E Gabriele Luccianti, con cui abbiamo condiviso, lui in panchina e io in vasca, da capitano, emozioni bellissime. E anche Jonathan Del Galdo: con lui ho trascorso una sola stagione, ma ha portato una mentalità vincente, tipica di un grande club”.
L’Avvocato del Diavolo direbbe: allenerai una squadra composta in parte da giocatori più anziani e titolati di te, sicuro di essere all’altezza?
“Questo lo considero un valore aggiunto, non una debolezza. Si tratta di persone di rilievo sul piano umano, ancora prima che a livello sportivo. Saranno i primi a dare una mano, agli altri ragazzi in acqua e a me in panchina. Non vedo ostacoli di sorta sotto questo punto di vista”.
Che idea ti sei fatto del mercato portato avanti dalla società?
“Ottima, anche perché, come è nello ‘stile Quinto’, si è trattato di un lavoro di squadra, in cui mi sono sentito sempre coinvolto. Abbiamo perso Pellegrini per motivi di lavoro, ma Massaro garantirà ottime prestazioni. Aggiungiamo un giocatore di peso ed esperienza come Molina e un attaccante come Mijuskovic, il profilo che stavamo cercando. Tre giocatori che si inseriscono in un gruppo solido. Le carte per fare bene ci sono tutte, ora tocca a noi lavorare sodo, considerato anche che con questi innesti ho chiaro che la società ha alzato ancora l’asticella”.
Arrivi sulla panchina da allenatore della prima squadra con una vasta esperienza su quella delle giovanili, che quest’anno hanno vissuto una stagione da incorniciare…
“È così. Secondo posto per gli Under 16, terzo per gli Under 20, quinto per gli Under 18, gli Under 14 campioni regionali. Alle spalle della prima squadra c’è un vivaio florido e vitale, ne sono dimostrazione questi risultati ma anche i tanti ragazzi che si sono già affacciati in prima squadra: penso a Niccolò e Jacopo Gambacciani, a Matteo Perongini, a Simone Villa, a Lorenzo Dellacasa e a Rocco Valle. Altri seguiranno nella prossima stagione. Senza dimenticare le diverse chiamate nelle Nazionali giovanili, altro fiore all’occhiello della nostra società”.
In tutto questo, anche la tua vita privata, personale, è stata attraversata dalle emozioni in modo dirompente.
“Sì. Devo ringraziare tutta la società, ma proprio tutta, dal presidente Giorgio Giorgi sino ai collaboratori, per come mi è stata vicina nel momento della scomparsa di mia madre Martha. Ma anche tutti i ragazzi delle giovanili che mi hanno fatto sentire la loro presenza. Presenza e vicinanza che si sono trasformate in altrettanta gioia quando Francesca ha dato alla luce Carlottamartha: ogni cosa che faccio, ogni vittoria, è per loro. Le sento vicine anche quando in realtà sono lontane, ma so che tifano per me. E lassù, da qualche parte, ho altri tre tifosi eccezionali: papà Riccardo, mamma Martha e Marco. So che ci sono, li sento”.
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