Sei stagioni, tutte vissute sulla cresta dell’onda. Promozione in serie A1 al primo colpo, poi una costante crescita reciproca, della squadra e del giocatore. A sei anni di distanza dall’estate del 2017, quando si erano incrociate, si separano le strade dell’Iren Genova Quinto e di Matteo Gitto, con il giocatore romano che nella “bella” dei play off contro il Posillipo ha giocato, con i gradi di capitano, la sua ultima partita con la calottina scudocrociata. Nel mezzo, appunto, sei anni vissuti appieno in biancorosso, senza mai annoiarsi, compiendo ogni anno un passo verso qualcosa di meglio della stagione precedente.
Matteo, riavvolgiamo il nastro e torniamo all’estate del 2017, quando hai scelto di sposare il progetto di una società che all’epoca era appena retrocessa…
“In quella dinamica avevano giocato un ruolo importante questioni familiari, senz’altro. Ma, lo dico senza falsa retorica, mi aveva colpito il progetto del club, che decisi di sposare immediatamente. Sei anni dopo posso dirlo con sicurezza, ho e abbiamo avuto ragione, perché ogni annata è stata migliore di quella precedente: abbiamo centrato subito una promozione che non era così scontata e poi in serie A1 ci siamo comportati bene, conquistando dapprima tranquille salvezze e poi alzando sempre l’asticella, fino al settimo posto degli ultimi due anni. E nell’ultima stagione abbiamo anche fatto il record di punti in serie A1, fermandoci solo nei play off davanti ad una squadra forte come il Savona. Ero convinto sin dall’inizio della mia esperienza che ci sarebbe stata una crescita esponenziale, e così è stato. Vale per quello che si è visto in acqua, per la società, per i giovani che sono cresciuti, penso ai fratelli Gambacciani, a Simone Villa e a Rocco Valle, tanto per fare qualche esempio”.
Ma in questo lasso di tempo sono nati e cresciuti anche i tuoi figli.
“Isabel e Brando, che mi hanno fatto crescere come persona e come sportivo. Non vedo l’ora di fare per loro i sacrifici che hanno fatto i miei genitori per permettermi di fare questo sport ad alti livelli, credo sia qualcosa di fondamentale che mi è stato trasmesso”.
Quali momenti non riuscirai mai a dimenticare?
“Ce ne sarebbero tanti. Mi viene in mente l’ultimo gol contro il Posillipo, che ha deciso il match nella mia ultima gara in biancorosso, me lo porterò dentro per sempre. Così come la serie di partite contro il Salerno per la promozione in serie A1”.
Come è cambiato l’uomo Matteo Gitto?
“Sono cresciuto anche dal punto di vista caratteriale. Ero arrivato con un carattere esuberante, adesso sono più tranquillo: certo, conta anche l’età diversa, ma credo sia anche il fatto che con il tempo la squadra è cresciuta, sono arrivati giocatori di valori e leader, quell’atteggiamento non era più funzionale”.
Che cosa farai adesso?
“Ho tanti progetti in testa, di certo non mollerò la pallanuoto anche dal punto di vista imprenditoriale. Voglio far crescere questo sport sotto tanti punto di vista, è una mia scommessa che intendo vincere. Per quanto riguarda la vasca, deciderò a breve. Di certo se mi avessero detto anche solo due anni fa che avrei lasciato la serie A1 non ci avrei creduto, adesso invece sono tranquillo e sicuro nel farlo: ho fatto tutto quello che dovevo fare nel Quinto, migliorando di anno in anno, e lascio la squadra in buone mani, a partire dallo staff tecnico. E poi inizierò anche l’avventura lavorativa da Strakkino, in un reparto, quello della ristorazione, che mi appassiona da sempre”.
Hai qualche ringraziamento da fare?
“A chi mi ha permesso di fare questo ‘lavoro’, che poi è la mia passione, giocare a pallanuoto. E alle tante persone che ho conosciuto nel Quinto e alle quali resterò sempre legato. Penso al tecnico Luca Bittarello, con cui ho un legame di amicizia che mi porterò dietro, e anche a tutte le persone che lavorano nel dietro le quinte che sono il vero cuore pulsante di questa società”.
È rimasto qualcosa da dire?
“Sì, una cosa ci sarebbe”
Prego…
“Sempre forza Quinto”.
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